Dispositivi di Protezione Indivisuale (DPI), la normativa vigente

scritto da Angelo Buccafusca, in DPI

Dispositivi di Protezione Indivisuale (DPI), la normativa vigente

La normativa italiana in tema di sicurezza e salute sul lavoro riporta (D.Lgs.n.106 del 3 agosto 2009) al Titolo III, Capo II, gli articoli (da 74 a 79) che disciplinano l’uso dei dispositivi di protezione individuali, definiti come “qualsiasi attrezzatura destinata ad essere indossata e tenuta dal lavoratore allo scopo di proteggere contro uno o più rischi suscettibili di minacciare la sicurezza o la salute durante il lavoro nonché ogni completamento o accessorio destinato a tale scopo. Tali dispositivi devono essere impiegati quando i rischi non possono essere eliminati o ridotti in maniera sufficiente dalla prevenzione, dalla organizzazione del lavoro e dai dispositivi di protezione collettiva. I D.P.I. non possono essere alternativi ai sistemi di protezione tecnicamente fattibili, ma solo integrativi per i rischi residui o occasionali, quali ad esempio la manutenzione straordinaria.

Per i D.P.I. anticaduta, non è sufficiente esaminare solo gli articoli citati nel testo unico, dobbiamo necessariamente riferirci al Decreto Legislativo n.475 del 04 dicembre 1992 e alle norme UNI EN.

 

Nel Decreto 475/92 troviamo elencati i requisiti di conformità dei D.P.I. e la classificazione in tre categorie.

 

I D.P.I. per essere a norma di legge devono soddisfare i seguenti requisiti generali:

 

- Possesso della marcatura CE e di tutte le certificazioni previste;

- Presenza di istruzioni di utilizzo chiare, in lingua italiana o comunque in lingua comprensibile al lavoratore;

- Adeguatezza dei D.P.I. al rischio da prevenire (si deve evitare che il D.P.I. sia un rischio maggiore di quello che deve prevenire);

- Adeguatezza dei D.P.I. alle esigenze ergonomiche e di salute del lavoratore.

 

CATEGORIA DEI D.P.I.

 

Il decreto classifica i D.P.I. in tre categorie:

 

- Appartengono alla I categoria i D.P.I. di progettazione semplice destinati a salvaguardare la persona da danni fisici di lieve entità (contatti, urti con corpi caldi con temperatura non superiore a 50 C°, vibrazioni e radiazioni tali a non raggiungere organi vitali e/o da provocare danni permanenti.

- Appartengono alla II categoria ì D.P.I. che non rientrano nelle altre due categorie.

- Appartengono alla III categoria i D.P.I. di progettazione complessa destinati a salvaguardare da rischi di morte o lesioni gravi e di carattere permanente (caschi, visiere, apparecchi respiratori filtranti, D.P.I. per protezione dal rischio elettrico, da cadute dall’alto e da temperature non inferiori a 100 C°.

 

La scelta per un certo tipo di D.P.I. piuttosto che per un altro scaturisce da un raffronto fra:

 

- Requisiti richiesti in conseguenza dell’analisi dei rischi dei lavoratori;

- Caratteristiche delle sostanze;

- Modalità di impiego e di esposizione degli addetti.

 

Per scegliere il dispositivo di protezione individuale più opportuno, in funzione dei vari tipi di rischi e dell’attività lavorativa, possono essere di aiuto alcuni allegati del D.Lgs.81/08, questi allegati forniscono indicazioni non esaustive e piuttosto generiche.

Quando un lavoratore è soggetto all’azione di più rischi, risulta necessaria la piena compatibilità nell’utilizzo simultaneo di differenti D.P.I..

I D.P.I. di III categoria destinati a salvaguardare da rischi di morte o lesioni gravi e di carattere permanente, devono essere dotati di un libretto d’uso e manutenzione e nello stesso il costruttore deve indicare la manutenzione periodica ed il periodo complessivo di utilizzo.

Gli anni di utilizzo vengono calcolati da quando i dispositivi vengono utilizzati. Nei D.P.I. anticaduta, nel caso in cui si verifica una caduta, lo stesso deve essere sostituito.

Nel libretto d’uso che fornisce il fabbricante devono essere riportati la data di produzione, il nome di chi la usa, la data di acquisto, la data di introduzione d’uso e le date delle ispezioni tecniche effettuate.

Dal giorno in cui viene utilizzato il dispositivo deve essere eseguita una dettagliata ispezione da parte del produttore oppure da una azienda autorizzata o da una azienda competente (UNI EN 365).

 

Per quanto attiene la norma vigente bisogna fare riferimento all’art.77, comma 4, lettera e), D.Lgs.81/08 e smi, che obbliga il datore di lavoro a:

 

- Individuare, sulla base della valutazione dei rischi e dei D.P.I. disponibili, i D.P.I. più idonei a proteggere i lavoratori;

- Fornire i D.P.I. con marchio CE;

- Fissare le condizioni d’uso e manutenzione;

- Verificare che le istruzioni d’uso siano in lingua comprensibile al lavoratore;

 - Verificare il corretto utilizzo dei D.P.I. in base alle istruzioni fornite;

- Aggiornare la scelta dei D.P.I. in funzione della variazione dei rischi presenti nel luogo di lavoro;

 - Mantenere in efficienza ed assicurarne le condizioni d’igiene, mediante la manutenzione, la riparazione e la sostituzione necessaria. Tale violazione è sanzionata a carico del datore di lavoro e dirigente con l’arresto da tre a sei mesi o ammenda da 2.500 a 6.000 euro;

 

I lavoratori hanno i seguenti obblighi:

 

- devono utilizzare i D.P.I., messi a loro disposizione, in base alle modalità fornite nel corso di formazione, informazione ed addestramento;

- devono avere cura dei D.P.I., senza modificarne le caratteristiche di propria iniziativa;

- devono segnalare prontamente al datore di lavoro, al dirigente o al preposto qualunque rottura o difetto dei D.P.I. messi a loro disposizione;

- devono attenersi alle procedure aziendali riguardo la riconsegna dei D.P.I. al termine dell’orario di lavoro.

 

Ancora oggi, quanto citato precedentemente, sembra assolutamente sconosciuto alla quasi totalità delle imprese che utilizzano D.P.I. anticaduta, anche se è espressamente riportato nei manuali di uso e mauntenzione forniti assieme agli stessi D.P.I. anticaduta.


Tags:
Iscriviti alla newsletter 


 

+ Aggiunti un commento 




Commenti